Luca Campigotto, nato a Venezia nel 1962, vive tra Milano e New York. Laureato in storia moderna con una tesi sulla letteratura di viaggio nell’epoca delle grandi scoperte geografiche, si dedica alla fotografia di paesaggio e architettura. Il viaggio è una costante nei lavori di Campigotto, che sostituisce alla penna la fotocamera, ricalcando nello spirito d’osservazione di altre realtà, l’attività di grandi scrittori-viaggiatori del passato.
Tra i progetti realizzati, ci sono studi su Venezia, Roma, Napoli, Londra, New York, Chicago, la strada delle casbah in Marocco, i templi di Angkor, Cile, India, Patagonia, Isola di Pasqua, Islanda, Cina, Yemen, Iran e Lapponia. La fotografia di Campigotto è un risarcimento a qualcosa di non vissuto appieno. L’aspetto tecnico restituisce all’osservatore una malinconia diffusa, mai arresa.
Tra i progetti realizzati, ci sono studi su Venezia, Roma, Napoli, Londra, New York, Chicago, la strada delle casbah in Marocco, i templi di Angkor, Cile, India, Patagonia, Isola di Pasqua, Islanda, Cina, Yemen, Iran e Lapponia. La fotografia di Campigotto è un risarcimento a qualcosa di non vissuto appieno. L’aspetto tecnico restituisce all’osservatore una malinconia diffusa, mai arresa.
Pare che la sua visione, dove gli esseri umani sono del tutto assenti, arrivi a registrare il passaggio del tempo in uno scatto e a restituirne la grandezza storica, l’azione mirabile dell’umanità nei residui di quanto va osservando, che sia una Venezia notturna, i grattacieli di Hong Kong o le piramidi egizie. La fotografia si fa documentazione e insieme testimonianza, custodia di memoria e nello stesso tempo presagio. Per fare questo non dimentica e considera trascurabile l’operazione di degrado che il tempo impone alle cose. Erbacce, rovine screpolate, cumuli di calcinacci sono emblemi di vita vissuta e di passioni consumate.
Campigotto continua a fotografare il lavoro del tempo. In lui, pare che uno storico si sia impossessato del banco ottico. Proprio la presenza della storia nel paesaggio – o più precisamente, la presenza del pensiero della storia nel paesaggio – è ciò che Campigotto va cercando nei luoghi: il loro aspetto monumentale (nel senso etimologico del termine, connotato in senso estetico e anche morale) e antico, e dunque ciò che il passare del tempo ha depositato sulla superficie del mondo.
Si può definire la sua opera concettosa, proprio nell’accezione manierista che attraverso l’immagine mette in scena l’universo melanconico dell’artista, capace di ritagliare i flussi della fantasia dentro i contorni dell’immagine fotografica.
Luca Campigotto ha trovato la sua risposta in un uso meditato della fotografia sedimentato in un lungo lavoro di osservazione e, al tempo stesso, in un corpo a corpo senza intermediari con la natura materica di quanto va catturando l’obiettivo.
Malinconia e restituzione, visione e fantasia, monumentalità di quanto va osservando, fanno di Luca Campigotto un fotografo unico nel panorama artistico di oggi. In quanto artista prolifico, coltiva da sempre l’interesse per la scrittura. Nel 2005 la rivista letteraria Nuovi Argomenti ha pubblicato una selezione di sue immagini e poesie.
È autore del calendario Epson 2014 e del calendario GEO-New York 2016.