Armando Pizzinato nasce nel 1910 a Maniago. Dopo il suicidio del padre trascorre l’infanzia e la prima giovinezza a Pordenone, per poi recarsi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, come pendolare, frequentando i corsi di Virgilio Guidi fino al 1934. Il vero e proprio esordio artistico è nella Galleria del Milione di Milano, centro delle avanguardie artistiche, dove conosce Cagli, Guttuso, Afro e Deluigi. Per merito di una borsa di studio, nel 1936 si trasferisce a Roma, dove si consolida l’amicizia con De Felice e Guttuso.

Le opere della sua giovinezza risentono dell’influenza dei francesi Picasso, Matisse e Cezanne. Dopo la censura dell’arte di matrice francese da parte del regime fascista, Pizzinato si dedica alle nature morte. Allo scoppio della guerra si trasferisce a Venezia. Qui, nel 1941, tiene la sua prima personale. L’ambiente culturale veneziano, ricco di spunti e di lotta clandestina al fascismo, lo coinvolge ed entusiasma.
Le opere della sua giovinezza risentono dell’influenza dei francesi Picasso, Matisse e Cezanne. Dopo la censura dell’arte di matrice francese da parte del regime fascista, Pizzinato si dedica alle nature morte. Allo scoppio della guerra si trasferisce a Venezia. Qui, nel 1941, tiene la sua prima personale. L’ambiente culturale veneziano, ricco di spunti e di lotta clandestina al fascismo, lo coinvolge ed entusiasma.
Proprio in occasione dei fervidi incontri con altri artisti e intellettuali (tra cui Emilio Vedova, Carlo Scarpa, Alberto Viani), conosce la prima moglie, Zaira. Interrompe l’attività artistica fino alla fine della guerra e la liberazione di Venezia. Da lì, il suo impegno artistico si lega in maniera indissolubile al suo impegno politico e civile.
Assieme a Vedova raccoglie grandi consensi di pubblico e critica con la mostra Tempere Partigiane del 1946, dove viene notato da Giuseppe Marchiori e Renato Birolli. Il clima culturale veneziano ha reso possibile, nello stesso anno, la prima formulazione della Nuova Secessione Artistica Italiana, in opposizione al Novecento e poco dopo la formulazione del Fronte delle Nuove Arti, di Marchiori, di cui Pizzinato diventa da subito uno degli esponenti di spicco del gruppo, partecipando anche alla Biennale del 1948. Sono anni in cui l’artista espone in tutto il mondo,promosso anche dal vivo interesse di Peggy Guggenheim.
Dopo questa parentesi totalmente astratta, abbandona la geometria carica di novità cromatiche e stilistiche, e in seno all’incessante attività politica, porta la sua arte verso un territorio nuovo, in un confronto sempre più serrato con Guttuso e la politica culturale del PCI. Negli anni Cinquanta e nella metà del decennio successivo, aderisce in maniera radicale al realismo sociale, con maggiori richiami al figurativo rispetto al passato costruttivista.
In seguito a vicende personali, tra cui la morte della moglie Zaira nel 1963, verso la fine degli anni Sessanta, la sua tecnica pittorica subisce un altro cambiamento radicale. Ritorna a un’astrazione maggiore e affronta una dimensione lirica dai toni più emozionali e meno oggettivi. Mette da parte il rosso (simbolo delle lotte) preferendo gli azzurri, verdi e viola, in un lirismo sempre più vicino al legame interiore con la natura.
Muore nel 2004, a Venezia.